IRAN Hafez
HAFEZ
Un detto popolare Iraniano dice che ogni casa Iraniana deve possedere due cose: il corano e un libro di Hafez e non necessariamente in questo ordine.
Nato, cresciuto e morto a Shiraz, 1315-1390, Hafez fu un mistico Sufi e poeta, il padre fondatore della poesia Persiana e ispiratore della musica tradizionale, una figura mitica, amata e venerata fino ai giorni d’oggi da qualunque persona, giovane o vecchia, ricca o povera dell’intero Iran, come una pop star o un calciatore famoso.
Hafez, che letterarmente significa: colui che sà recitare a memoria tutto il Corano, fu secondo me un antico precursore dei poeti maledetti come Boudelaire, Rimbaud, Jim Morrison, ma maggiormente di Bukowski.
La maggiorparte degli Iraniani conoscono almeno qualche Ghazal a memoria e molto spesso aprono a caso un suo libro e leggono due versi alla volta per avere delle risposte alle proprie domande.
Hafez ha lasciato ai posteri 500 Ghazal, che sono dei poemi lirici, che parlano delle gioie e delle pene amorose, che cantano il vino e celebrano l’ubriachezza, che prendono in giro tutta l’ipocrisia che c’è in tutte le persone che si ritengono divulgatori del verbo del sapere di Dio.
Molti sue poemi parlano di erotismo, misticità e quotidianità.
A Shiraz, c’è un mausoleo a lui dedicato sopra la cui tomba c’è scritto un suo verso:
Con vino e menestrello,
riposati un poco,
e io al tuo solo profumo,
dal fosso, danzante,
via salterò.
Se state a Shiraz, andateci assolutamente, è un luogo molto frequentato, sopratutto dai giovani, e nei suoi giardini è possibile osservare molte coppiette appartate che si promettono amore eterno.
Ero perso con lo sguardo verso il mare
Ero perso con lo sguardo nell’orizzonte,
tutto e tutto appariva come uguale;
poi ho scoperto una rosa in un angolo di mondo,
ho scoperto i suoi colori e la sua disperazione
di essere imprigionata fra le spine
non l’ho colta ma l’ho protetta con le mie mani,
non l’ho colta ma con lei ho condiviso e il profumo e le spine tutte quante.
Ah, stenderei il mio cuore come un tappeto sotto i tuoi passi,
ma temo per i tuoi piedi le spine di cui lo trafiggi.
“L’idioma dell’Amore non si può veicolare con la lingua:
versa il vino, coppiere, e smetti quest’insulso parlare”