L’atlante dell’insolito. Un viaggio tra i luoghi del divenire di V. Marenco
Intervista a Vanessa Marenco sul suo libro “L’atlante dell’Insolito. Un viaggio tra i luoghi del divenire”
A fine agosto 2019, è uscito “L’Atlante dell’insolito. Un viaggio tra i luoghi del divenire”, edito da Alpine Studio.
A me il libro è piaciuto moltissimo e l’abbiamo divorato nel giro di un paio di giorni.
Questa settimana abbiamo fatto una bella chiacchierata con l’autrice, Vanessa Marenco, che sarà presto anche nostra ospite su Radio Orte.
Ciao Vanessa, il tuo Atlante ci ha portato in luoghi davvero inconsueti. Come fai a scoprirli?
In primo luogo, posso dirvi che l’Atlante nasce da una gran dose di fortuna!
Infatti, il caso e anche qualche viaggio hanno fatto sì che avessi amici, colleghi e conoscenti in numerose nazioni o in altre regioni italiane: questo mi ha permesso, nel corso del tempo, di conoscere destinazioni e situazioni a cui solamente i residenti sono esposti.
Si tratta di esperienze che vanno al di là di quello che viene proposto sulle guide di viaggio, e proprio di queste realtà, ho voluto parlare nel mio libro.
Poi, sarà banale, ma leggo tantissimo. Leggo in italiano e in inglese, quindi le mie possibilità di accedere a storie insolite raddoppiano!
La letteratura dedicata a luoghi meno conosciuti sta aumentando perché ormai si pensa che tutti abbiano visto tutte le destinazioni più conosciute. In realtà, penso che questo possa essere vero per una parte di mondo, come la mia, come la nostra.
Penso che questo sia vero se si hanno passaporti accettati senza problemi. Penso che sia vero se si ha la libertà di viaggiare, di muoversi, a livello non soltanto economico, ma anche sociale, politico.
Ma ci raccontavi che fai anche un’altra cosa, ogni tanto …
(Ride, N.d.R.) Oh, sì. Faccio una cosa scema, a volte. A casa mia, appesa al portone d’ingresso, c’è una cartina del mondo.
È una mappa che si sta restringendo col passare degli anni: alcune nazioni, alcune apertissime e sicure fino a qualche decennio fa, non sono più accessibili ai viaggiatori.
La guardo quella cartina, la guardo e ogni tanto chiudo gli occhi e metto il dito a caso.
Spesso becco l’oceano. Ma ogni tanto, punto una nazione, una città, una regione che non ho ancora visto.
E soldi e ferie permettendo, certo di capire se ci posso arrivare, e se ci posso arrivare, cerco di leggere e scoprire se ci sono delle situazioni meno conosciute.
Nel tuo Atlante, condividi con i lettori i ricordi di ha vissuto o amato i tuoi “luoghi del divenire”. Perché hai deciso di includere le loro memorie?
Perché penso che i viaggi siano le persone che incontriamo, in fondo, e ho voluto raccontarne le storie.
E anche perché penso che i viaggi siano tali solo quando si riesce a scalfire i muri che ci dicono circondino ognuno di noi.
Inoltre, ho pensato che avesse senso includere le memorie di chi ha abitato questi luoghi insoliti, perché alcuni di questi compagni di strada mi hanno salvata dallo sconforto quando, di fronte a me, il Divenire del titolo del libro si era ormai trasformato in scomparsa.
Da alcuni dei tuoi racconti presenti nel libro “L’Atlante dell’insolito”, si percepisce il dolore che hai sentito di fronte a luoghi per i quali non c’è stato nulla da fare. L’azione antropica sull’ambiente, quindi, risulta essere preponderante, per te?
Sì, in alcuni casi, sono stati viaggi abbastanza dolorosi.
Sono andata a cercare città, animali, monumenti, religioni che stavano o stanno scomparendo per capire e tracciare i motivi di una tale sconfitta.
Ero arrabbiata e triste perché, dalle storie di questi luoghi si capisce che qualcosa si poteva fare per evitarne la scomparsa o il declino.
E invece, è stato molto più semplice (o più economicamente vantaggioso – chissà poi per chi) fregarsene: abbiamo pensato che, come nel caso di Consonno in Lombardia, avesse senso demolire montagne intere per far spazio a quella che doveva diventare la Las Vegas della Brianza.
Oppure, in altri casi, abbiamo deciso di ignorare gli avvertimenti di scienziati e ingegneri che sconsigliavano di costruire abitazioni in una certa zona, come nel caso di Craco, in Basilicata.
Non sempre, però, abbiamo buttato la logica dalla finestra, giusto? Nel tuo libro ci racconti come, dagli errori del passato, qualcosa, a volte, si possa imparare.
Le macerie ci sono, e gli errori sono stati fatti. Ma come dici tu, penso che siano un punto di partenza per cercare di fare meglio in futuro. Un esempio tra tutti è il Parco Nazionale di Bandhavgarh, in India, in Madhya Pradesh, a cui dedico una parte di un capitolo: lì si sta cercando di salvaguardare la tigre, dopo essere arrivati sull’orlo della scomparsa.
Ed è il caso anche del capitolo – l’ultimo – che hai dedicato alla Lituania …
Sì, la Lituania chiude il mio Atlante.
Mi piace che il libro si concluda proprio con un racconto positivo, al centro del quale c’è di nuovo un compagno di strada, o di treno dovrei dire: un ragazzino di 14 anni curioso con cui ho condiviso un pezzo del viaggio che ho fatto nel 2019 in questa parte d’Europa nuova, verde e giovane.
Mi piace che la raccolta si chiuda con l’esperimento sociale di Užupis, a Vilnius, oppure con la Kiemo Galerija a Kaunas, dove si stanno cercando soluzioni artistiche per ridare un senso umano all’idea del vicinato.
Concludiamo la nostra intervista sul libro “L’Atlante dell’Insolito”con una frase proprio del capitolo dedicato a questa Repubblica baltica: ci dici che “viaggiare porta nuovi occhi e pensieri nuovi”. Quale sarà la prossima destinazione dove andrai a “rifarti” gli occhi?
Le mie prossime tre mete sono vicine ed europee: la prima sarà Vienna, una delle poche capitali europee dove ahimè non sono ancora stata; la seconda sarà una tappa a cui tengo moltissimo: andrò a Catania, ad incontrare alcuni amici che ho conosciuto anni fa in uno dei viaggi umanamente più belli, cioè in Iran.
L’ultima, in tarda primavera, sarà la poco conosciuta Breslavia (in polacco, Wrocław). Venite anche voi? 😊