MESSICO Pancho Villa
PANCHO VILLA
“La mia vita è stata una tragedia”
Il Messico è pieno di miti ed eroi popolari, passati e moderni ma ce ne stanno due che secondo me sono entrati di diritto nell’Olimpo di quelli immortali.
Emiliano Zapata e Francisco Villa sono senza dubbio due delle figure rivoluzionarie più romantiche e ammirate da tutti quei sognatori che utopicamente sognano un mondo dove ognuno è un libero abitante della terra, una coppia di romantici ribelli.
Emiliano a Sud e Pancho a Nord sono i due “Campesinos” che riescono per la prima volta dopo secoli a sconfiggere i Conquistadores Occidentali e ad entrare insieme trionfali a Città del Messico.
Nato nel 1878 con il nome di Doroteo Arango Arambula fin da adolescente si è fatto conoscere per le molte scorrerie che faceva con i suoi compagni, spesso arrestato e sempre rilasciato.
Diventa presto un ufficiale dell’esercito irregolare di Francisco Madeiro e Alvaro Obrego, vivendo molti anni in latitanza sui monti della Sierra, agendo in piccoli gruppi di azione a sorpresa come gli Indiani Apache e Comanche.
Dalla Sierra scenderà nel 1911 per iniziare e vincere la Rivoluzione Messicana sotto il nome di Pancho Villa insieme a Emiliano Zapata.
Ma Madeiro delude le aspettative rivoluzionarie di entrambi, viene ucciso misteriosamente, Hertha si proclama presidente e ricomincia la guerra civile.
Ma Villa è una figura forte, fortissima, anche per quelli che a lui devono la vittoria, viene persino condannato a morte per insubordinazione ed espatria negli Stati Uniti dove rilascia le prime interviste a Jack London e a Reed.
Ma il Messico ha troppo bisogno di lui, nel 1913 torna appoggiando la guerra civile con la rivolta armata dove insieme sempre a Zapata riesce a occupare lo stato di Chihuahua.
Nel 1916 con i suoi 350 fedelissimi, ex contadini e fuorilegge come lui, demolisce una guarnigione militare Americana in Nuovo Messico e il presidente a stelle strisce Wilson inizia una caccia all’uomo senza precedenti fino ad allora nella storia.
Oltre alla taglia di 5000$, vengono impiegati 10.000 soldati comandati dai generali Pershing e Patton e tutti i mezzi più moderni dell’epoca: camion, motocarri, motociclette, blindati, dirigibili e aerei da combattimento.
Tutto sempre senza esito.
Nel 1920, con l’ascesa di Obregon, Villa depone le armi, abbandona la vita di guerriglia in cambio di un amnistia per lui e i suoi fedelissimi e si ritira nella fattoria di 25.000 acri donatagli dal nuovo presidente che gli concede pure una pensione.
Pancho Villa fu il generale, il grande capo per eccellenza della rivoluzione Messicana dal 1910 al 1917, il condottiero della rivolta dei Peones contro il regime dittatoriale di Porfidio Diaz, il bandito moderno, un nuovo Robin Hood, il brigante del popolo.
Raffigurato al galoppo con una pistola in mano, il classico sombrero Messicano sulle spalle e i baffi lunghi.
E proprio questa cosa, di essere stato, sempre, un fuorilegge che lo ha reso immortale nei cuori della gente, Zapata stesso era molto più teorico, filosofo e “politico”, lui no, Villa era un bandito, romantico ma sempre un bandito.
Pancho Villa, come Emiliano Zapata, fu un idealista eroico che aveva come scopo il miglioramento delle condizioni del popolo con un odio innato verso i ricchi e grandi latifondisti, allevatori e minatori.
Assassinato 1923 in un imboscata misteriosa che molti ritengono un complotto, anche perché a breve si sarebbe candidato per le elezioni del nuovo presidente del Messico.