HONDURAS 10° Utopia, Hernesto e la Rivoluzione
UTOPIA
A Utopia faccio conoscenza con Hernesto, un ragazzo della mia età.
Mi prende in simpatia e trascorro tutto il tempo che rimango li, con lui.
È una di quelle poche persone che ti rimangono impresse nella testa, positivamente, per tutta la vita.
Mi dice subito che la situazione è tragica e che ha paura per la mia incolumità ma mi rassicura dicendomi che qualsiasi cosa dovesse succedere, tipo arrivare di sorpresa l’esercito, di tirare fuori il passaporto e dire subito che sono un giornalista che lavora per l’ambasciata italiana, male che va, avrei preso un po’ di botte, forse sarei stato arrestato ma non mi avrebbero ne torturato né ucciso… rimango due ore senza parole…
Mi dice che la gente, il popolo, i contadini e lui prima di tutto sono disposti a morire per la propria dignità e libertà.
Poche volte succede che il popolo alza la voce e si fa sentire ma quando succede allora, è buono.
Ma c’e’ sempre bisogno di un leader carismatico, che in questo caso è Salvador.
Nel centro di Utopia, c’è anche un ragazzo spagnolo, molto riservato, avvocato per i diritti umani internazionali, molto legato a Hernesto.
Entrambi stavano a Tegucigalpa a manifestare, poi lo spagnolo è stato arrestato e picchiato.
Con l’aiuto di qualche ente diplomatico è riuscito a uscire ma con l’avvertimento che se lo avrebbero ripreso, sarebbe finita molto male.
Invece di tornare in Spagna, si è tagliato i Rasta che portava da dieci anni e insieme, al suo ormai Hermano, Hernesto sono venuti per un po’ di tempo in esilio in queste montagne.
Un po’ per riprendersi da tutti i traumi fisici che hanno dovuto subire, un po’ per farsi dimenticare ma con la voglia di tornare al più presto al centro della rivoluzione.
In giro c’è una sensazione strana, c’è tensione, non paura, ma anche tanta allegria.
Loro definiscono questa situazione Hermosa, è un processo storico naturale per un cambiamento dopo il quale si tornerà a star bene.
La prima sera mi fanno assistere anche a una loro riunione in cui m’invitato sul palco per dirgli da estraneo ciò che pensavo di loro, delle loro idee e di quello che facevano… Non ho detto niente, con una lacrima che mi scendeva, gli ho solo applauditi.
E qualche lacrima è uscita anche dai loro occhi.
Ceniamo tutti insiemi ma poi rimaniamo solo in cinque a dormire, gli altri se ne ritornano alle loro case.